La genetica e la scienza a fianco della prevenzione contro l’alcolismo. Un recente studio ha dimostrato che attraverso un’analisi genetica e grazie all’esame del cervello è possibile stabilire chi diventerà un ”binge drinker“, cioè un bevitore fino allo sfinimento, già a 16 anni.
Il “binge drinking”, modalità di consumo alcolico che comporta l’assunzione in un’unica occasione e in un ristretto arco di tempo di quantità di alcol molto elevate, è diffuso maggiormente tra i giovani di 18-24 anni, rappresentando la quasi totalità del consumo a rischio in questa fascia di età. I giovani lo praticano soprattutto nei contesti della socializzazione e del divertimento collettivo, spesso bevendo volontariamente fino ad arrivare all’ubriachezza e all’intossicazione alcolica. Nel 2012 il 14,8% dei giovani fra i 18 e i 24 anni ha dichiarato comportamenti binge drinking, il 20,1% tra i maschi e il 9,1% tra le femmine.
Lo studio, condotto da alcuni ricercatori dell’università del Vermont e pubblicato sulla rivista Nature, ha dimostrato l’esistenza di una serie di fattori che permetterebbero di fare questa previsione con un’accuratezza del 70 per cento. Gli scienziati hanno analizzato le immagini dell’attività cerebrale, la struttura del cervello insieme ad altri 40 dati, tra i quali il quoziente intellettivo, le performance cognitive, test di personalità e del sangue.
Il campione analizzato è stato composto da 2.400 adolescenti europei di 14 anni d’età. “Il nostro obiettivo era sviluppare un modello per comprendere meglio – ha precisato Robert Whelan, coordinatore dello studio – l’influenza di ogni fattore, tra genetica, personalità, influenze ambientali e struttura del cervello, negli adolescenti che abusano dell’alcol”.
Importanti per lo sviluppo di questi ragazzi sono anche altri fattori, come la ricerca di sensazioni, la mancanza di coscienziosità e una storia familiare di uso di droghe, oltre all’aver bevuto anche un solo drink a 14 anni. Maggiormente a rischio sono gli adolescenti che hanno dovuto affrontare eventi traumatici o particolarmente stressante e quelli che hanno il cervello più grande, che è più immaturo perché non ha avviato quel processo di ridefinizione cerebrale dove la materia grigia, i neuroni e le connessioni presenti diventano più piccole.
“Questo lavoro permetterà di avere a disposizione informazioni utili per interventi specifici e precoci nei portatori di profili a rischio in modo da ridurre l’incidenza di abuso di alcol negli adolescenti”, hanno concluso i ricercatori che sperano di allargare in futuro la loro analisi anche a quei fattori cerebrali che consentono di prevedere l’abuso di droghe.
L’Istat ha rilevato che tra i giovani di 14-17 anni i consumi fuori pasto presentano un trend tendenzialmente in crescita fino al 2011, mentre tra il 2011 e il 2012 si registra un notevole calo, che riporta i valori del 2012 a un livello pressoché analogo a quello rilevato all’inizio del decennio (15,1%). È implicito che per quest’ultima fascia di età occorrerà impegnarsi molto ed in molti ambiti, soprattutto nel far rispettare la nuova legge 189/2012 che prevede il divieto di somministrazione e di vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni, in modo da portare il valore a zero.
Il fenomeno della diffusione dell’abuso giovanile è ben rappresentato dall’analisi dell’utenza in carico presso i servizi per l’alcoldipendenza, nell’ambito della quale i giovani al di sotto dei 30 anni rappresentano il 9,1%. Si tratta di una percentuale consistente, anche se in lieve calo rispetto al dato del 2011, che era pari al 9,8%. Diversa è invece la tendenza registrata per i nuovi utenti al di sotto dei 30 anni che è in lieve aumento rispetto al 2011 (13,7% nel 2012, 13,5% nel 2011).