Ci vogliamo oggi associare a questa importante iniziativa organizzata a Cesena qualche giorno fa e con protagonista Paolo Ugolini, responsabile dell’Osservatorio Epidemiologico Dipendenze Patologiche del Sert di Cesena e autore del libro “Alcol e buone prassi sociologiche” (F. Angeli). Ugolini è intervenuto alla Sala Lignea della Maltestiana per l’incontro “Abitare la notte: giovani, alcol e dintorni”.

Ecco alcune domande a lui poste.

Prevenire prima di tutto: questo la vostra linea. Su quali progetti state lavorando?
“Abbiamo già tenuto tre incontri del nuovo corso di formazione per operatori di strada volontari da coinvolgere nei contesti del divertimento notturno. Gli iscritti sono trenta. Con loro lavoreremo a due progetti attivi da parecchi anni. Il primo è ‘Notti sicure’, che prosegue dal ’97: con un camper siamo presenti in discoteche, eventi, feste a tema sia per fare informazioni sui danni da alcol e droghe, che per consulenze individuali nel momento in cui rileviamo un tasso alcolemico superiore a quello consentito. Riusciamo così a far conoscere anche i servizi del territorio, scopo che ci prefiggiamo anche attraverso ‘Riduzione del danno’, un progetto che si concentra più sulla marginalità sociale, in particolare su chi vive per strada”.

Intervenite anche nelle scuole?
“Sì, formando gli insegnanti in collaborazione con l’Ufficio educazione alla salute dell’Ausl. I docenti ricevono da noi materiali e schede di lavoro, con i quali si impegnano ad intervenire nelle loro classi. Solo se gli studenti, a fine percorso, chiedono un incontro con gli esperti, allora ci presentiamo a loro direttamente. Ma crediamo più in un empowerment dei professori”.

Anche la famiglia deve avere un ruolo rilevante: in che modo?
“In Italia c’è un abitudine culturale al bere, soprattutto in accompagnamento al pasto. Questo non significa che se un ragazzino di 11 anni beve il suo primo bicchiere di vino al compleanno del nonno, poi svilupperà un abitudine al bere. Certo è che il tipo di messaggio che i genitori mandano ai figli conta eccome: tutto dipende dal significato che danno a quel bicchiere di vino”.

Insomma, i numeri non sono tutto. Ma quali sono le tendenze attuali, in Italia?
“Negli ultimi trent’anni, tra chi ha più di 15 anni, il consumo pro-capite di alcol è diminuito. Nel 1970 era di 19,7 litri, nel 2005 di 6,9 litri. Ad essere cambiata di più è la modalità del bere”.

Ai ragazzi come si spiega che l’alcol fa male?
“Diciamo sempre che i danni maggiori li rischiano le ragazze, i minori di 18 anni e gli over 65. Essere un’adolescente femmina non fa, per esempio, che aumentare i pericoli”.

Questo è sufficiente?
“No, per una prevenzione fatta bene bisogna analizzare le opinioni che le persone hanno, così come gli atteggiamenti e i comportamenti: non solo quello che pensano dell’alcol ma anche quello che farebbero e quello che fanno davanti all’alcol. Questo ci interessa sia quando facciamo prevenzione con i ragazzi che quando interveniamo su gestori di locali, allenatori, genitori, educatori parrocchiali. Per evitare incidenti stradali giovanili e problematiche sanitarie, è un mondo intero che dobbiamo prendere in considerazione”.