Ecco alcuni passi tratti dalle dichiarazioni di Roberta Agabio, responsabile del Centro di Studio dell’Abuso Alcolico dell’Università di Cagliari, e Clara Cicalò, managing editor della rivista «Medicina delle Dipendenze» ed autrici dello studio pubblicato nel volume “Io e l’alcolismo”…

«L’alcolismo non è un vizio ma una malattia cronica, influenzata da fattori genetici, psicosociali e ambientali. In altre parole il figlio di un alcolista non nasce tale ma è “predisposto” all’alcolismo, con una probabilità quattro volte più alta rispetto al figlio di genitori non alcolisti. In generale l’assunzione di alcol è più diffusa tra gli uomini che tra le donne. In Italia è stato valutato che il consumo a rischio è più frequente per gli uomini nelle classi medio-basse, mentre per le donne nelle classi medio-alte».

Una patologia che è anche una piaga sociale che coinvolge sopratutto i più giovani. «In genere, la prima bevanda alcolica viene assunta tra i 12 e i 14 anni e il primo episodio di intossicazione da alcol si verifica tra i 14 e i 18. I primi problemi correlati al bere si manifestano tra i 18 e i 25 anni, l’alcolismo si instaura tra i 23 e i 33 anni. Verso i 40 anni si ricerca un trattamento presso una struttura sanitaria».

Ed infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito l’alcol “il killer numero uno per i giovani”: «in Europa – aggiungono le autrici – il 25% delle morti di giovani di sesso maschile, sotto i 30 anni di età, è dovuto all’alcol. A causa dell’inesperienza nella guida, gli incidenti stradali legati al consumo di questa sostanza costituiscono la principale causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 20 anni».

Incidenti stradali ma non solo. «Qualsiasi quantità di alcol, assunta sia in un tempo breve (in acuto) che ripetutamente nel tempo (cronicamente) comporta dei rischi per la salute, direttamente correlati all’entità della dose. In acuto, l’alcol riduce l’attenzione, la vigilanza, il senso di giudizio e la capacità di prendere una decisione, con una gravità correlata alla quantità assunta. Le principali conseguenze del consumo di alcol in acuto sono rappresentate dall’aumentato rischio di incidenti sia stradali sia in ambito lavorativo, o di situazioni pericolose quali, ad esempio, rapporti sessuali non protetti, risse, aggressioni, utilizzo di sostanze psicoattive illegali o crimini. In particolare, è stato calcolato che oltre la metà di tutti gli omicidi viene effettuata sotto l’effetto dell’alcol (assunto dagli assassini o dalle vittime), come pure il 60% delle violenze sessuali e circa il 40% delle aggressioni».

Tanti però sono i rimedi a disposizione. «I migliori risultati si ottengono sfruttando tutti gli strumenti disponibili, ovvero la terapia farmacologica, le terapie di supporto psicosociale e i gruppi di auto-aiuto. Globalmente, i risultati dei trattamenti dell’alcolismo sono incoraggianti. È stato calcolato che, nei dodici mesi successivi a un trattamento, un quarto dei pazienti si astiene completamente e gli altri comunque riducono il proprio consumo di alcol»