Le bestemmie sono reato?
Come sono punite le imprecazioni blasfeme? In quali casi si può punire una bestemmia? Cosa sono le offese a una confessione religiosa mediante vilipendio?

L’Italia è un Paese laico; ciò però non significa che la legge non debba tutelare il sentimento religioso delle persone, a prescindere dalla confessione che professano. Questo vuol dire che possono essere punite tutte quelle condotte che, in qualche modo, rischiano di offendere la fede di una persona o, per meglio dire, il suo rapporto con il sacro. È in questo preciso contesto che si inserisce il seguente quesito: le bestemmie sono reato?
La bestemmia consiste in un’imprecazione rivolta verso la divinità. A prescindere dalla fede, si tratta in ogni caso di un comportamento incivile che crea ripugnanza in chi ha la sfortuna di ascoltare l’espressione blasfema. La gravità delle bestemmie è confermata anche in settori diversi da quello giuridico: ad esempio, il regolamento della serie A di calcio italiana prevede la squalifica per il giocatore colto nell’atto di bestemmiare.
Chiarito che la condotta è sicuramente riprovevole, bisogna ora capire quali sono le conseguenze legali previste dall’ordinamento giuridico. Cosa rischia chi bestemmia? Può scattare il reato? Scopriamolo insieme.

Bestemmiare è reato?

In Italia bestemmiare è illegale ma non è una condotta che costituisce reato. In altre parole, chi impreca la divinità non rischia di finire sotto processo per un crimine (salvo il ricorrere delle ipotesi che vedremo nel prosieguo).

La norma di riferimento è l’art. 724 del Codice penale, secondo cui è punito con la sanzione amministrativa da 51 a 309 euro chi pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la divinità.

La bestemmia costituisce quindi un illecito amministrativo ma non penale, punito con una sanzione pecuniaria contro la quale si può fare opposizione al prefetto oppure al giudice di pace.

Quando si può punire la bestemmia?
Condizione fondamentale perché scatti l’illecito è che la bestemmia avvenga pubblicamente, e cioè:

in un luogo pubblico (strada, via, piazza, ecc.) o aperto al pubblico (bar, pub, ristorante, cinema, ecc.);
in presenza di almeno altre due persone.
Ad esempio, rischia di incorrere in questo illecito chi bestemmia ad alta voce mentre segue una partita di calcio alla tv del bar, oppure chi, ubriaco, cominci a imprecare in pubblica piazza, davanti a tutti.

Ma non solo: può essere sanzionato anche l’automobilista che, in preda alla rabbia per essere stato fermato e multato dalla polizia stradale, bestemmi davanti agli agenti.

L’illecito amministrativo scatta a prescindere dalle intenzioni di chi ha pronunciato la bestemmia: la sanzione è pertanto prevista anche per l’incivile che, non sapendo di offendere il sentimento religioso degli altri, bestemmia “per abitudine”, senza l’intenzione di prendersela realmente con la divinità che ha insultato.

In quali casi bestemmiare diventa reato?
Bestemmiare non è reato. Possono tuttavia ricorrere delle circostanze in grado di trasformare l’imprecazione blasfema in un crimine a tutti gli effetti.

Il Codice penale, infatti, punisce con la multa da 1.000 a 5mila euro chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa mediante vilipendio di chi la professa; la multa è maggiore (da 2mila a 6mila euro) se il vilipendio riguarda un ministro del culto.

Il vilipendio consiste in una manifestazione di profondo disprezzo avente ad oggetto valori ritenuti particolarmente degni di rispetto (in questo caso, il sentimento religioso).

La condotta penalmente rilevante deve consistere nell’offesa di coloro che credono in una religione oppure che ne sono formali rappresentanti.

Ad esempio, commette reato chi, pubblicamente, a gran voce bestemmia e insulta il parroco oppure i fedeli che si recano in chiesa o che sfilano in processione, e ciò per il solo fatto di essere credenti.

L’offesa penalmente rilevante, quindi, non è quella diretta alla persona in sé per sé, bensì alla persona in qualità di fedele oppure di ministro di culto. Il vilipendio mediante bestemmia deve quindi essere strumentale all’offesa della religione.

Ma c’è ancora un’altra ipotesi di reato. La legge punisce con la multa da 1.000 a 5mila euro chi, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che sono oggetto di culto, sono consacrate al culto o destinate necessariamente ad esso.

In questa ipotesi la grave offesa alla religione deve essere commessa mediante vilipendio non di persone ma di oggetti di culto (cioè di cose oggetto di venerazione da parte dei fedeli, come le reliquie) oppure di cose destinate alle funzioni religiose (paramenti, ecc.), quando l’offesa sia fatta in luogo pubblico o aperto al pubblico, o addirittura in un luogo di culto (come una chiesa, ad esempio).

Ugualmente rilevante è il vilipendio commesso durante una funzione religiosa: si pensi a chi offenda apertamente il rito che si sta svolgendo in una chiesa pronunciando ad alta voce imprecazioni blasfeme.

Insomma: le bestemmie possono diventare reato se sono rivolte contro i fedeli, i ministri di culto oppure le cose destinate al culto religioso.

Poiché la bestemmia è un’imprecazione diretta contro la divinità, il reato scatta se, oltre alla bestemmia, si pronuncino parole ingiuriose, irriguardose o blasfeme contro tali soggetti od oggetti.