E’ positiva qualunque iniziativa aiuti i giovani ad acquisire la consapevolezza dei rischi dell’alcol.

L’Irlanda a seguito delle indicazioni della Commissione Europea, ha deciso di inserire sulle etichette degli alcolici “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”.
È un atto di civiltà a favore della libera informazione dei cittadini e dei consumatori. Ci rammarichiamo che non sia stata l’Italia a fare da apripista.
D’altra parte la Commissione Europea nel Marzo 2022 aveva proposto a tutti i Paesi membri di adottare questo provvedimento. Purtroppo il Parlamento Europeo, sottoposto a numerosi condizionamenti, bocciò la proposta.
Dopo l’annuncio della scelta Irlandese la politica e i gli stessi produttori hanno reagito in modo scomposto affermando che bisogna distinguere il bere moderato dall’alcolismo.

È bene quindi fare un po’ di chiarezza:

– Le bevande alcoliche di tutti i tipi sono inserite nel gruppo 1 IARC (International Agency for Research on Cancer– OMS) come sicuramente cancerogene per l’uomo con un rapporto causale certo con il cancro (cavità orale, faringe, laringe, intestino, fegato e soprattutto mammella femminile). Sebbene, come ovvio che sia, il rischio sia dose-dipendente, esso aumenta già a bassissimi consumi. Per tale ragione il consumo di alcolici è la seconda causa di morte oncologica. Per esempio, con meno di 12 grammi al giorno di etanolo (contenuto in media in una qualsiasi unità di bevanda alcolica) il rischio di cancro della mammella aumenta del 7%. Tale percentuale può salire notevolmente se la donna ha un determinato assetto genetico. Questo è un dato acquisito dalla comunità scientifica da anni.

– Nel 2020 l’OMS-IARC ha stimato in Europa dell’Ovest 53000 nuovi casi di cancro correlati al consumo di bevande alcoliche al netto dei fattori confondenti (fumo, alimentazione scorretta, ecc). In Italia i nuovi casi sono stati 10.000 così suddivisi: 2000 per bassi consumi (20 grammi/die), 4600 per consumi moderati/rischiosi (20-60 grammi/die) e 4600 per consumo dannoso/alcol-dipendenza (60 grammi/die).

– Secondo l’OMS la metà dei casi di cancro correlabili all’alcol sono dovuti a quello che viene comunemente definito “consumo moderato”.

– Non è solo la quantità, ma l’interazione con la predisposizione individuale (che non
possiamo conoscere) a determinare l’insorgenza di un cancro alcol-correlato. Non deve sorprendere, quindi, che il numero sia maggiore nella fascia moderata rispetto a quella dell’alcol-dipendenza.

– L’etanolo è tossico e cancerogeno indipendentemente dal tipo di bevanda in cui è contenuto.
Sebbene sia una fonte rilevante di energia (7kcal/g), le bevande che lo contengono non apportano quantità significative di altri nutrienti oltre agli zuccheri. Per queste ragioni le calorie da bevande alcoliche sono inserite nella categoria delle “calorie vuote”.

– L’etanolo è un neurotossico capace, a livello del sistema nervoso centrale, di alterare sia le funzioni sia le strutture cerebrali.

– È stato da tempo smentito che vi sia un rapporto benefico tra alcol e cuore. E comunque le medesime quantità che avrebbero dovuto promuovere la protezione cardiovascolare favoriscono l’insorgenza di cancro e altre patologie.

A differenza degli alimenti che possono essere consumati tutti in modo equilibrato e definito dalle diverse raccomandazioni (Linee Guida) le sostanze tossiche e cancerogene non possono rientrare in
un “consumo responsabile”!

È bene che i cittadini e i consumatori siano a conoscenza di tali informazioni in modo che possano scegliere consapevolmente e in libertà.

Le etichette non sono tese a vietare la vendita di bevande alcoliche, ma ad una più corretta e completa informazione del consumatore il quale potrà scegliere di bere con maggiore consapevolezza dei rischi che corre e che, quindi, presumibilmente presterà maggiore attenzione alle quantità.

Sarebbe bene che tutti i soggetti che si occupano di salute, lasciassero da parte le loro opinioni personali e seguissero la posizione della Comunità Scientifica al fine di utilizzare un linguaggio comune e aderente all’evidenza scientifica.