“Più che dire, dobbiamo far veder che c’è una comunità che non emargina ma investe nelle persone che hanno un problema di alcolismo. E penso che questo progetto del Gemelli si inserisca in questa direzione”. Lo ha detto mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a margine della conferenza stampa di presentazione del percorso clinico assistenziale dedicato dal Policlinico Gemelli al paziente con patologia alcol correlata. “Non possiamo – ha continuato mons. Galantino – lasciare queste persone come scarti della società. C’è invece la necessità di rivederle con noi, rivederle commosse, attive. Tutto questo richiede grande impegno e professionalità”. “C’è bisogno – ha insistito – di aiutare queste persone per far loro ritrovare fiducia”. “Mi auguro – ha proseguito – che su queste patologie non si arrivi sempre in ritardo”. In particolare, il segretario generale della Cei ha toccato il fenomeno che riguarda i giovani: “Le alternative per loro ci sono, ma spesso non sono presentabili le persone che le propongono. Prima di dire che occorre offrire alternative ai giovani bisogna offrire un modello, mostrare che una vita migliore è possibile, una vita non necessariamente conflittuale è possibile. Una vita che non viaggia solo sul piano dell’arroganza è possibile. Prima impariamo noi adulti a fare questo”. Poi “i ragazzi – ha concluso – vedendoci sapranno che si può vivere senza ricorrere all’alcol e alla droga”.
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Alcolismo: mons. Galantino (Cei), “più che dire, il servizio attivato al Gemelli fa vedere che la comunità non emargina”“Più che dire, dobbiamo far veder che c’è una comunità che non emargina ma investe nelle persone che hanno un problema di alcolismo. E penso che questo progetto del Gemelli si inserisca in questa direzione”. Lo ha detto mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a margine della conferenza stampa di presentazione del percorso clinico assistenziale dedicato dal Policlinico Gemelli al paziente con patologia alcol correlata. “Non possiamo – ha continuato mons. Galantino – lasciare queste persone come scarti della società. C’è invece la necessità di rivederle con noi, rivederle commosse, attive. Tutto questo richiede grande impegno e professionalità”. “C’è bisogno – ha insistito – di aiutare queste persone per far loro ritrovare fiducia”. “Mi auguro – ha proseguito – che su queste patologie non si arrivi sempre in ritardo”. In particolare, il segretario generale della Cei ha toccato il fenomeno che riguarda i giovani: “Le alternative per loro ci sono, ma spesso non sono presentabili le persone che le propongono. Prima di dire che occorre offrire alternative ai giovani bisogna offrire un modello, mostrare che una vita migliore è possibile, una vita non necessariamente conflittuale è possibile. Una vita che non viaggia solo sul piano dell’arroganza è possibile. Prima impariamo noi adulti a fare questo”. Poi “i ragazzi – ha concluso – vedendoci sapranno che si può vivere senza ricorrere all’alcol e alla droga”.“Più che dire, dobbiamo far veder che c’è una comunità che non emargina ma investe nelle persone che hanno un problema di alcolismo. E penso che questo progetto del Gemelli si inserisca in questa direzione”. Lo ha detto mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a margine della conferenza stampa di presentazione del percorso clinico assistenziale dedicato dal Policlinico Gemelli al paziente con patologia alcol correlata. “Non possiamo – ha continuato mons. Galantino – lasciare queste persone come scarti della società. C’è invece la necessità di rivederle con noi, rivederle commosse, attive. Tutto questo richiede grande impegno e professionalità”. “C’è bisogno – ha insistito – di aiutare queste persone per far loro ritrovare fiducia”. “Mi auguro – ha proseguito – che su queste patologie non si arrivi sempre in ritardo”. In particolare, il segretario generale della Cei ha toccato il fenomeno che riguarda i giovani: “Le alternative per loro ci sono, ma spesso non sono presentabili le persone che le propongono. Prima di dire che occorre offrire alternative ai giovani bisogna offrire un modello, mostrare che una vita migliore è possibile, una vita non necessariamente conflittuale è possibile. Una vita che non viaggia solo sul piano dell’arroganza è possibile. Prima impariamo noi adulti a fare questo”. Poi “i ragazzi – ha concluso – vedendoci sapranno che si può vivere senza ricorrere all’alcol e alla droga”.Tags