Lo psicologo Feder: “I giovani bevono per sofferenza, non per imitare. Vi spiego perché”
L’appello dell’esperto: “Però non medicalizziamo l’emergenza mandando tutti negli ambulatori degli specialisti, meglio educatori che facciano conoscere loro il vero sballo, quello della normalità”.
Milano, 27 febbraio 2023 – “Il consumo di alcol fra i giovani è diverso rispetto al passato: non è più un bere dalla funzione aggregativa ma sempre più un’”abbuffata” etilica per esorcizzare la sofferenza interiore”. A dirlo è Simone Feder, psicologo e coordinatore dell’Area Giovani e Dipendenze della Casa del Giovane di Pavia che con, il centro studi “Semi di Melo“, Fondazione Exodus e università di Pavia, ha contribuito all’indagine “Progetto Selfie“ condotta nel 2022 su circa 20mila ragazzi fra i 14 e 18 anni di entrambi i sessi che studiano in 107 istituti superiori di Bergamo, Milano, Pavia e Varese. Secondo il report uno studente su 2 cade nella trappola del binge drinking. E in termine di frequenza assidua, quasi l’8% degli adolescenti beve fino ad ubriacarsi un giorno alla settimana e circa il 3% precipita nel baratro più di una volta nell’arco sette giorni.
Dottor Feder, cosa sta succedendo ai nostri ragazzi?
“Lo rivelano gli stessi giovani quando li si interpella sulle motivazioni che li conducono a consumare alcol. Dopo il piacere (quasi 30%) la causa principale per quasi il 26% dei 20mila ragazzi intervistati l’anno scorso è l’esigenza di affrontare momenti difficili: questo dato denota tutto il loro male di vivere. Non a caso notiamo che la tendenza all’ubriacatura è spesso associata ad atti di autolesionismo. L’aspetto emulativo nei confronti dei coetanei è al terzo posto, riguardando neanche il 14% del campione, mentre quando abbiamo iniziato a fare queste indagini nel 2008 era il fattore principale. Inoltre, sempre rispetto al passato, i ragazzi sono in compagnia ma non fanno più gruppo: solo il 10% del campione dichiara che interverrebbe “sempre“ per un amico chiedendogli di fermarsi se alza il gomito, il 26% non lo farebbe “mai“ mentre il 64% solo se sta esagerando. Ma attenzione: è come se avessero risposto “mai“, perché l’alcol è percepito come poco dannoso e la soglia di esagerazione non viene identificata. Purtroppo, è vero il contrario: fra i danni derivanti dall’uso di bevande alcoliche ci sono anche quelli organici che possono danneggiare la vita in modo irreparabile”.
Nel report colpisce il fattore di genere: il 37% delle ragazze spende parte della paghetta settimanale per alcol contro il 34% dei coetanei maschi.
“È un fenomeno recente che registriamo negli ultimi 3 anni: per l’acquisto di prodotti alcolici le femmine superano i maschi ed è conseguenza del generale sdoganamento del consumo alcolico considerato fra i comportamenti disfunzionali quello meno pericoloso”.
Che fare?
“Dobbiamo sviluppare una comunità educante. Il disagio che sta travolgendo i ragazzi non può essere risolto con il bonus psicologo: lo dico anche se appartengo alla categoria. Nella mia esperienza clinica posso testimoniare che nei processi di cura assumono un ruolo significativo la docente coinvolgente, l’allenatore di calcio e altri “caregiver“ che dovrebbero essere valorizzati. Questi ragazzi hanno bisogno di fare esperienze concrete di vita, di natura, di creatività, assaporare lo “sballo della normalità“. Solo se serve si può affiancare un percorso di terapia. Invece se c’è qualcosa che non va si preferisce indirizzarli subito negli ambulatori. Così però c’è il pericolo di medicalizzare il malessere, di dare una risposta sanitaria a un problema esistenziale”.