Consumo di alcol, i dati peggiori riguardano i giovani e le persone socialmente avvantaggiate
Il quadro non è certo incoraggiante. Da quanto emerge nella pubblicazione dei dati sul consumo di alcol del sistema di sorveglianza Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) e Passi d’Argento (PdA), coordinate dall’Iss (Istituto superiore di sanità), condotte dalle Asl e dedicate rispettivamente alla popolazione adulta e a quella anziana. Nel periodo considerato (2017-2020) quasi una persona su sei risulta aver fatto un uso di alcol che si può definire ‘a maggior rischio’ per la salute, per quantità e modalità di assunzione. Questi sono più frequentemente giovani (fra i 18-24enni la quota sfiora il 33%), uomini e persone socialmente avvantaggiate, senza difficoltà economiche o con un alto livello di istruzione. Sono invece meno della metà gli adulti fra i 18 e i 69 anni che dichiarano di non consumare bevande alcoliche.
È particolarmente preoccupante il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come i pazienti con malattie del fegato, fra i quali quasi uno su due dichiara di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Un fenomeno che si riscontra anche tra le donne in gravidanza (una su sei) e durante l’allattamento al seno (una su quattro). Il consumo di alcol a ‘maggior rischio’ resta una prerogativa dei residenti nel Nord Italia (in aumento) in particolare nella provincia di Bolzano, seguita da quella di Trento e, tra le regioni, da Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda il sud, è il Molise la regione con la percentuale di consumatori di alcol a ‘maggior rischio’ più alta della media nazionale, mentre nelle altre regioni meridionali inizia a intravedersi un trend in riduzione.
Anche il consumo di tipo binge (abbuffata: equivalente a circa cinque bevande consumate in due/tre ore) è una prerogativa del Nord Italia (dove si registra un aumento significativo dal 2010) e in particolare del Nord-Est. Mentre anche su questo fronte il Molise si distingue fra le Regioni meridionali e fa registrare una delle quote più alte nel Paese. Rispetto a tale tipo di consumo, nel decennio 2008-18, si osservava un lento ma progressivo aumento. Dal 2018 si nota invece un’inversione di tendenza, che si accentua durante la pandemia. È quindi soprattutto dal 2020 che la quota di binge drinking scende, così come la quota di consumo prevalentemente fuori pasto. Si tratta di modeste variazioni in termini assoluti, ma statisticamente significative, sostenute nel 2020 dalle minori occasioni di socialità. Di contro il consumo abituale elevato, che coinvolge una quota minore della popolazione, ha continuato la sua riduzione, ma questa ha subito un rallentamento a partire dal 2018. L’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’abuso di alcol appare poi ancora troppo bassa: appena il 6% dei consumatori ‘a maggior rischio’ riferisce infatti di aver ricevuto il consiglio di bere meno.
Per quanto riguarda in particolare la popolazione ultra 65enne (rilevazione Passi d’Argento), i non bevitori rappresentano quasi il 61% e sono quindi una quota maggiore rispetto a quella rilevata nel gruppo che comprende anche i più giovani. Ne riferisce invece un consumo moderato il 20% e un consumo ‘a rischio per la salute’, cioè maggiore di un’unità alcolica (*) al giorno, il restante 19%. Il consumo ‘a rischio’ è decisamente più frequente fra gli uomini (32% vs 8% fra le donne), si riduce con l’età (dal 22% fra i 65-74enni al 10% fra gli ultra 85enni) e rimane prerogativa delle classi socialmente avvantaggiate (22% fra chi non ha difficoltà economiche vs 14% di chi riferisce molte difficoltà) o per istruzione (circa il 22% per chi ha un titolo di studio superiore alla scuola media vs il 15% fra chi ha al massimo la licenza elementare). Preoccupante il numero di ultra 65enni che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come il 28% delle persone affette da malattie del fegato (il 14% ne consuma anche più di un’unità al giorno).
Tra chi fa un consumo di alcol ‘a rischio per la salute’, più della metà (pari all’11% degli ultra 65enni) non supera le due unità al giorno. Questo fa pensare che si tratti del bere alcolici durante i pasti, abitudine acquisita nel corso della vita che, probabilmente, non viene percepita come rischiosa. Anche per gli ultra 65enni, comunque, l’attenzione degli operatori sanitari al problema risulta molto bassa: meno dell’11% dei consumatori di alcol a rischio in questa fascia riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno da un medico o da un altro operatore sanitario.
(*) In Italia si definisce unità alcolica la quantità contenuta in un bicchiere di vino di media gradazione (12°), in una lattina di birra di media gradazione (4,5°), in un bicchiere di aperitivo (18°) o in un bicchierino di superalcolico (36°).