Sempre più giovani e giovanissimi compromettono il futuro ogni giorno, perseverando nel vizio dell’alcool e sottovalutandone i rischi, per nulla sostenuti da genitori che sembra non sappiano offrire loro un buon esempio.
La dipendenza dall’acool è divenuto ormai un problema sociale anche in Italia. Un problema che sembravamo fosse confinato, per questioni culturali e climatiche, a nazioni come Regno Unito e Russia, oggi sembra coinvolgere numerosi ragazzi del Belpaese.
Si tratta di un fenomeno dai risvolti imprevedibili, che rischia di affliggere sempre più famiglie, perchè non sembra nascere da un unica causa. Appare piuttosto che la diffusione dell’alcool tra i giovani sia il risultato di una serie di fattori concomitanti, che non sembrano più coincidere con il substrato economico e sociale a cui spesso veniva associata la pratica di bere molto.
Il giovane alcolizzato di oggi non si ubriaca quasi mai per colpa della sua condizione di reietto della società, ma quasi per imporre uno status di appartenenza ad un’elite che, nel suo essere “sopra tutto e tutti” si concede il lusso di collezionare vizi, alla stregua di medaglie di valore.
Le conseguenze più gravi dello spirito emulativo da parte dei giovanissimi che provengono però da un tessuto socio-culturale più basso, rispetto ai loro idoli della “top class”, riguardano l’estrema difficoltà nel guarire da questa dipendenza, perchè circondati da cattivi maestri e da difficoltà finanziarie che cercano di nascondere dietro al collo di una bottiglia di vino da discount.
Scuola di bevute
Numerose ricerche di psicoterapia confermano come i minori facciano i primi sorsi di birra a 11 anni, diventando spesso dei bevitori abitudinari già a 13 anni, età in cui nei fine settimana si ubriacano. Condividere una bottiglia sembra un rito ormai consolidato perchè rappresenta il passepartout per entrare nel gruppo dei ragazzi più grandi ed essere accettati in un gruppo di teenagers che, come tratto caratteristico legato all’età, sembrano ricercare nello sballo la propria felicità. Nelle ultime generazioni, bere in età scolastica è un’attitudine assai ricorrente, alimentata da quella falsa convinzione, spesso rafforzata anche dai genitori, per cui bere la birra non è nulla di grave o bere un paio di bicchieri di vino rosso a pasto non può fare male. Eppure questo non corrisponde a verità, ma si tratta solo dell’ennesima bugia che si nasconde dietro al vizio del bere.
Le conseguenze più evidenti per chi alza il gomito già in adolescenza
Gli studi sembrano confermare come l’organo più colpito da una dipendenza etilica sia il fegato. Avere il fegato gonfio non è un condizione tipica solo degli alcolisti cronici, ma anche di ragazzi che a quella giovane età non dovrebbero bere neanche bibite gassate! Quando l’apparato epatico è in difficoltà, gli effetti negativi possono propagarsi su tutto il corpo e riuscire a condizionare anche il regolare funzionamento dell’attività cerebrale. Se una mamma nota un certo affaticamento nel figlio che spesso tende ad accusare fitte sul lato destro della pancia, specie in concomitanza di pasti abbondanti e ipercalorici, potrebbe trattarsi dei sintomi di un fegato più gonfio del normale e di un principio di alcolismo. Tra i danni fisici più significativi, ricordiamo anche le mani gonfie, sintomo del cattivo funzionamento della microcircolazione, strettamente collegata con i tessuti epatici.
Anche l’umore dell’adolescente può risentire della grande quantità di drinks e cocktail assunta ogni giorno. Di conseguenza il carattere di un ragazzo che beve quotidianamente, dalle birre alla spina ai cicchetti, può diventare più irascibile.
Per antonomasia un alcool addicted, come direbbero negli States, è un soggetto insolitamente violento, che utilizza le bugie per non ammettere a sè stesso e poi a chi lo circonda, di avere reali problemi con le bevande alcoliche. Lo sanno bene i tanti attori di Hollywood che come Ben Affleck si sono dovuti curare in qualche centro di riabilitazione nella speranza di non caderci mai più.
Come uscirne
Guarire dall’alcool non è facile, soprattutto se non si ha il giusto appoggio in famiglia. La scuola potrebbe far molto per non lasciare i ragazzi abbandonati al loro destino, ma quasi mai si impegnano in percorsi educativi finalizzati a insegnare ai più giovani quale tragedie esistenziali si nascondono dietro agli adulti dipendenti da bibite alcoliche. Una delle conseguenze secondarie di questo disagio è la depressione. Lo sa bene il governo giapponese che, oltre ad un’emergenza di alcolismo nei giovani, deve affrontare la piaga dei suicidi in età giovanissima. Questa mancanza di stimoli a reagire condiziona negativamente anche l’approccio al lavoro e non è raro assistere a dipendenti licenziati perchè alcolizzati o a causa di comportamenti associabili a questa malattia.
E’ la psicoterapia la disciplina più adatta ad aiutare chi vuole disintossicarsi dall’alcool, ma finora è andato incontro solo a pesanti ricadute. Purtroppo non è mai facile convincere un’adolescente a farsi seguire da un dottore ed è per questo che bisognerà raggirare l’ostacolo spingendolo a fare qualcosa di diverso. Si potrebbe ad esempio convincerlo a sottoporsi a idrocolonterapia, con la scusa che moltissimi tra i campioni sportivi che acclama, fanno ricorso a questa pratica per depurare l’organismo e sentirsi meglio. In effetti la pulizia del colon è un passo importante per migliorare la condizione di salute di un giovane alcolista, ma può essere anche l’occasione per far dialogare il ragazzo con un dottore che, in quel contesto “più neutrale”, potrebbe essere visto meno come un’intrusione nella propria vita privata.